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“In un tempo in sospeso”: esperienze e voci di tutrici e tutori dei minori stranieri non accompagnati

La tutela volontaria è una importante risorsa per l’affermazione dei diritti e per assicurare un adeguato soddisfacimento dei bisogni specifici del minore straniero non accompagnato. Garantisce una assistenza al minore accompagnandolo nel percorso verso la maggiore età e l’inclusione sociale. Rispetto, ascolto, supporto nell’orientamento scolastico e lavorativo sono alcune delle funzioni che ne definiscono il ruolo.
C’è tanto da conoscere e da approfondire, tra buone prassi e criticità, impegno e limiti, successi e delusioni, con al centro i diritti dei minori a prescindere dalla condizione giuridica.
Chi ha a cuore queste tematiche è invitato al convegno in programma martedì sera 15 luglio 2025 ad ARCOIRIS.

Al centro dell’UISP c’è la persona, il cittadino, le donne e gli uomini di ogni età

L’UISP è un ente di promozione sportiva e sociale riconosciuta come rete associativa nazionale. Nata nel 1948, anno della promulgazione della Costituzione italiana, persegue i valori di partecipazione, solidarietà, difesa dei diritti e della dignità umana, rispetto e sostenibilità ambientale, inclusione e cooperazione internazionale, contro ogni forma di discriminazione, di pregiudizio e di razzismo. Nel suo intervento, Maria Pina Casula, segretaria generale di UISP Sardegna, ha richiamato il claim UISP – #sportpertutti. Infatti è questa la parola chiave perché al centro dell’Uisp c’è la persona, il cittadino, le donne e gli uomini di ogni età, ciascuno con i propri diritti, le proprie motivazioni, le proprie differenze da riconoscere e da valorizzare. Il valore sociale dello sport passa attraverso l’attenzione alle persone con disabilità, le differenze di genere e di orientamento sessuale, le diverse tradizioni e l’interculturalità che ogni persona contribuisce ad arricchire. È molto positivo e importante il lavoro che i giovani ricercatori ci hanno presentato in termini interdisciplinari con il progetto DEAS. Con la modifica dell’articolo 33 della Costituzione italiana lo sport ha davanti a sé una lunga strada perché “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”.

Ridurre le diseguaglianze, ricomporre profonde fratture sociali, promuovere il benessere delle persone – Progetto DEAS 2025

Come ridurre le diseguaglianze, ricomporre profonde fratture sociali, promuovere il benessere delle persone, assicurare relazioni positive e solidali e sviluppare un’appartenenze comunitaria condivisa? A questi interrogativi l’amministrazione comunale di Quartu si è impegnata a dare risposta attraverso la mobilitazione di risorse umane, finanziarie e strumentali, con il coinvolgimento degli Enti del Terzo Settore. Lo ha affermato la dirigente del Settore Politiche Sociali e Generazionali, Lorena Cordeddu, intervenuta all’evento finale del progetto DEAS. La parola chiave è coesione sociale che è anche il nome del bando con cui sono cofinanziati numerosi progetti, alcuni dei quali molto innovativi e generativi di opportunità che valorizzano il protagonismo giovanile. Come nel caso del progetto DEAS che ha raggiunto importanti obiettivi e realizzato azioni concrete foriere di ulteriore sostenibilità nel tempo.

L’ultima ricerca, presentata da Margherita Corrias, è stata un appassionante viaggio nel tempo che affonda le radici nella storia e nel mito ma che ha un rapporto stretto con lo sport

Ancora oggi non sono stati abbattuti gli stereotipi di genere e tantissime persone, giovani compresi, sembrano suddividere gli sport in due categorie: femminili e maschili. Di conseguenza, sembra che come le donne non possano praticare determinati sport, gli uomini virili non ne possano praticare altri e la dimensione legata alla competizione e all’agonismo debba essere preclusa alle donne.
Il pregiudizio della mancanza di spirito competitivo nelle donne è intrecciato a doppio filo con il divieto di una loro partecipazione alle Olimpiadi e alla falsa credenza che le donne non potessero praticare attività fisiche pericolose e che se qualche tipologia di attività fisica fosse loro concessa, dovesse essere finalizzata ad una crescita armonica, con l’obiettivo ultimo di generare figli sani per la patria.
Nonostante siano passati più di 2400 anni dall’età classica della Grecia antica, l’agonismo delle donne sembra essere ancora messo in discussione. Eppure a Olimpia, nell’Elide, si svolgeva una corsa nell’ambito di giochi olimpici femminili paralleli a quelli maschili, dedicati ad Era e chiamati Heraia.
L’ultima ricerca, presentata da Margherita Corrias, è stata un appassionante viaggio nel tempo che affonda le radici nella storia e nel mito ma che ha un rapporto stretto con lo sport: dalla corsa in onore di Elena di Troia alla principessa Cinisca, prima donna dell’Antica Grecia a vincere alle Olimpiadi e al mito di Atalanta che, secondo la leggenda, divenne un’abile cacciatrice e atleta.
Se l’exemplum della donna romana perfetta sarà sempre costituito da Lucrezia, vittima di una violenza cui si era opposta e che decide di suicidarsi, dichiarando di farlo affinché nessuna donna debba più essere vittima dello stesso oltraggio, possiamo ravvisare nelle donne romane casi concreti di lotta, più o meno consapevole, per guadagnarsi spazi di autonomia decisionale e libertà di #autodeterminazione anche attraverso la pratica sportiva.

“Si può essere campionesse nel campo ma anche fuori, quando la conquista di un equilibrio tra corpo e mente si rivela, in più momenti, decisiva quanto la preparazione fisica stessa”

A queste conclusioni è giunta la ricerca su “Le protagoniste italiane e sarde di Parigi 2024” svolta da Manuel Usai, educatore e animatore sportivo.
La prima atleta citata è stata la pallavolista isolana, Alessia Orro. Miglior palleggiatrice della Volleyball Nations League nel 2024 e oro olimpico a Parigi 2024, Orro denunciò il suo stalker nel 2021, che poi fu arrestato dalle forze dell’ordine e che già nel 2019 era finito ai domiciliari per il medesimo reato.
Paola Egonu, Monica De Gennaro, Myriam Sylla e Anna Danesi protagoniste dell’ItalVolley femminile scambiandosi le medaglie hanno voluto dimostrare che oltre il talento personale è importante la coesione del gruppo per vincere.
Molto interessante la storia di Alice Bellandi. Judoka, inizialmente specializzata nella categoria 70kg, ebbe grossi problemi depressivi e alimentari. In seguito, decise di passare alla categoria 78kg e quel cambio si rivelò vincente perché le consentì di conquistare l’oro a Parigi 2024.
Un insegnamento di vita e di grande maturità fu quello lanciato dalla nuotatrice azzurra Benedetta Pilato. “Ci ho provato fino alla fine. Peccato, ma nonostante tutto è stato il giorno più felice della mia vita”, dichiarò ai microfoni di Raisport una commossa Pilato dopo il quarto posto a Parigi 2024. Parole queste che provocarono tante critiche, tra cui quelle dell’ex schermitrice Elisa Di Francisca, che poi si scusò.
Le sconfitte e gli errori possono sempre insegnarci qualcosa, contribuendo alla crescita personale e aiutandoci a diventare la migliore versione di noi stessi.
Infine Marta Maggetti, campionessa olimpica e atleta versatile, esempio e testimone di #resilienza e determinazione che sono necessarie per diventare atlete di alto livello.

“Parità, intersex e discriminazione nel mondo dello sport femminile”

“Il tema delle donne mi ha sempre affascinato tantissimo. Mi sono laureata ad aprile e ho impostato la mia tesi sulla violenza contro le donne, argomento che mi interessa molto”, ha esordito Mary Mendolia nel presentare la sua ricerca su “Parità, intersex e discriminazione nel mondo dello sport femminile”.
#discriminazione è la parola chiave che, come un filo rosso, lega i racconti di donne che non si sono arrese.
Dall’atleta americana Babe Didrikson alla tennista e arciera britannica Lottie Dod. Dall’olandese Fanny Blankers-Koen, soprannominata “la mammina volante”, alla maratoneta Bobbi Gibb e Kathrine Virginia Switzer. Dalla tennista statunitense Billie Jean King alla runner etiope Derartu Tulu e alla nuotatrice siriana Yusra Mardini. Dalla cavallerizza danese Lis Hartel alla schermitrice italiana Bebe Vio. Dalla ginnasta Carlotta Ferlito alla pallavolista Paola Egonu. Da Imane Khelif a Lin Yu-ting, entrambe oro olimpico a Parigi 2024 nel pugilato, balzate agli onori delle cronache per controversie sul genere.
Da qui l’urgenza di promuovere una visione dello sport più inclusiva, che valorizzi ogni individuo per il suo impegno, il talento e la passione, al di là delle categorie rigide imposte dal genere. Lo sport dovrebbe essere un luogo di espressione libera, rispetto e uguaglianza, dove ogni persona possa sentirsi rappresentata e accettata. Solo così si potrà costruire un ambiente sportivo davvero equo e aperto a tutte e tutti

“La storia delle Olimpiadi del ‘900 e le pioniere olimpiche” è il tema della ricerca presentata da Davide Atzori

Lo sport è stato tradizionalmente percepito come dominio maschile, manifestazione di forza fisica, competizione e prestazione. Il ‘900 è stato un secolo breve, caratterizzato da guerre e conflitti. Le attività sportive femminili erano tollerate solo se compatibili con l’immagine della “donna gentile”, in discipline come la ginnastica leggera o la danza. Molte atlete hanno dovuto affrontare ostilità mediatiche, sessismo e discriminazioni a causa degli #stereotipidigenere.
Nel 1900 alle Olimpiadi di Parigi, 22 donne parteciparono in alcune discipline: tennis, golf, vela, croquet ed equitazione. Tra queste, Charlotte Cooper, tennista britannica, divenne la prima donna a vincere una medaglia d’oro olimpica in una competizione individuale. Alice Milliat nel 1921 e organizzò le prime Olimpiadi femminili. Nel 1992 l’etiope Derartu Tulu fu la prima donna africana nera a vincere un oro olimpico, nei 10.000 metri a Barcellona. Venus e Serena Williams sono diventate delle icone dominanti nel tennis mondiale. E tante altre storie di atlete olimpiche che hanno saputo rompere quel tetto di cristallo. Oltre ogni confine.

La prima parola chiave emersa nell’evento finale del progetto DEAS – Donne Emancipate Attraverso lo Sport – è stata rispetto

Rispetto è la parola dell’anno 2024 scelta dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani. È la stessa parola scelta, per analizzare e produrre un testo argomentativo, dal 40,3% degli studenti che stanno sostenendo gli esami di maturità. La traccia sul rispetto è stata la più scelta sia nei Licei (dal 39,3%), sia nei Tecnici (dal 39%), sia nei Professionali (dal 45,7%). Rispetto è la parola usata da Dino Pusceddu, presidente di Arcoiris Promozione Sociale, per affermare che proprio nello sport assume un valore educativo ed etico. Rispetto di sé stessi e di tutte le persone, compagni di squadra ed avversari, dei giudici e delle regole. Rispetto delle diversità e delle differenze. Di chi vince e di chi perde. Di chi gioisce e di chi soffre. Del gioco leale e della correttezza del linguaggio perché lo sport non può seminare né odio né violenza e neanche discriminazione. Proprio perché la mancanza di rispetto è alla base della violenza e delle discriminazioni esercitate quotidianamente nei confronti delle donne, delle minoranze, delle istituzioni e della natura. Occorre invece allenarsi alla bellezza del prendersi cura delle relazioni umane più autentiche perché, come recita il novellato articolo 33 della Costituzione Italiana, la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme.

Evento finale del progetto DEAS – Donne Emancipate Attraverso lo Sport 2025

Tutti i progetti a forte valenza sociale, sostenuti con risorse di donatori pubblici o privati a prescindere dall’importo finanziato, dovrebbero prevedere un momento di restituzione pubblica.
Per trasparenza e dar conto di come le risorse sono state utilizzate secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità. Per illustrare gli obiettivi raggiunti, le azioni svolte, risultati e i prodotti realizzati. Per attivare un confronto su innovazione, sostenibilità e impatto sociale.
É questa la prima riflessione che sentiamo di fare nel raccontare con alcune parole chiave l’evento finale del progetto DEAS – Donne Emancipate Attraverso lo Sport. Un racconto a più voci con i giovani protagonisti e i rappresentanti del terzo settore e dell’amministrazione comunale.